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venerdì 28 ottobre 2011

This Must Be The Place- Regia: Paolo Sorrentino



Interpreti: Sean Penn, Frances McDormand, Tom Archdeacon, Shea Whigham,
Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten, Kerry Condon, Judd Hirsch, Seth Adkins,
David Byrne, Eve Hewson, Simon Delaney, Gordon Michaels, Robert Herrick,
Tamara Frapasella, Sarab Kamoo.
Durata: h 1.58 Nazionalità:  Italia, Francia, Irlanda 2011 Genere: drammatico


"...Le storie vengono dopo. Di solito le storie non mi piacciono.
Non mi piacciono le trame. Se potessi, le abolirei. Le storie bene
o male sono sempre le stesse, sia che si tratti di Orson Welles,
che dell’ultimo dei registi di soap opera. Solo raramente rimango
affascinato da una storia. L’unica cosa che mi affascina è il
tentativo di capire gli uomini, le loro sfaccettature,
i loro lati più oscuri e misteriosi..."- P.Sorrentino-

 

Parole sante quelle di Sorrentino, regista ormai affermatosi come
tra i più rappresentativi della scena italiana e non, che gia ne
"Il Divo", del 2008, s'erano concretizzate. Oggi più che mai,
quasi fosse un Goldoni del ventunesimo secolo, attua la propria
"riforma del cinema", spodestando dal podio la florida e remunerativa
figura del film "di intreccio" per rimpiazzarla con quella del film
"di carattere", scandagliando a fondo la componente umana, unica vera
protagonista della pellicola.
 


In "This Must Be The Place" "l'uomo" Sorrentiniano è elevato a potenza
cubica; il canovaccio funge da intelligente pretesto, da scintilla motrice
per un corpo ormai inerte. Cheyenne (Sean Penn) è una rock star
profondamente annoiata che, in seguito ad una tragedia della quale
si crede l'artefice, s'è rinchiusa a forza nel suo guscio, un universo
parallelo fatto di risolini omosessuali, attenti sguardi, glaciali e
secche risposte sagaci ed improvvisi sfoghi isterici. Elementi, questi,
che costituiscono ormai la quotidianeità di un guru appassito, un
Robert Smith in pensione che, come una vecchia zia, si trascina nei suoi
abiti di scena per fare la spesa, portandosi dietro l'immancabile trolley,
l'equivalente della coperta per Linus, come fosse un cane al guinzaglio.

 

Amante della vita, pur nascondendosi all'ombra della stessa, comincerà
ad apprezzarla e ad affrontarla veramente soltanto alla morte del padre
che scaturirà un vero e proprio tumulto nella sua abitudinarietà.
Decide, dunque, di recarsi negli Stati Uniti per cercare il carnefice
nazista che, in passato, perseguitò suo padre in un campo di concentramento.
Si da il via, così, ad un processo evolutivo rimasto interrotto da troppo
tempo, un viaggio "on the road" che lo condurrà al suo personalissimo bivio
esistenziale, coronato da una delle sequenze cinematografiche più belle degli
ultimi anni.

 

Con "This Must Be The Place", Sorrentino approda negli States e lo fa
senza contaminarsi, senza perdere il suo caratteristico smalto,
esorcizzando qualsiasi ampollosità sentimentalista di maniera e mantenendo
 un'impronta autoriale degna di nota e rispetto. Dirige un prodotto eccelso,
cosparso di ombre legate alle loro vite, disgrazie, avventure compiute e non,
elementi esistenti che si reggono in piedi indipendentemente dal protagonista;
di esse non c'è tenuto sapere tutto, fungono da meri contorni. Scelta ostica,
di stampo quasi Felliniano, ma decisamente approvata.
All'apparentemente scura figura di Cheyenne si contrappone il candore di un
David Byrne nella parte di se stesso- compositore inoltre della splendida
colonna sonora-, che incarna l'antitesi cromatica ed espressiva del leader
degli ormai estinti "Fellows".



Un road movie solare, equilibratissimo, sprizzante di vita e mai sottotono,
adagiato su una sceneggiatura magnificamente scritta e funzionale,
affogato in una fotografia preziosa ed inestimabile e dominato da un
bambinesco Sean Penn in totale stato di grazia!


Voto: 8½

Vik








 

















 


giovedì 27 ottobre 2011

Mogway/ Hardcore Will Never Die, But you Will.



Hardcore Will Never Die, But You Will è il settimo album degli scozzesi Mogway, una delle esperienze stilistiche più originali ed innovative in ambito post-rock e della musica  attuale  in genere.

Il quintetto, formatosi in Glasgow, è composto da Dominic Aitchison, Stuart Braithwaite, Martin Bulloch, Barry Burns, John Cummings.

Hardcore Will Never Die, But You Will è una continua fusione di particelle cosmiche in incessante movimento, è il delirio di visioni infinite, è gioia, è malinconia, è la luce blu della pace e della solitudine, è l'elemento mancante che crea la perfezione.

Anche in questa nuova opera la band scozzese riesce  a dare forma artisticamente  ad un'idea compositiva che scaturisce nella rappresentazione estetica della bellezza ideale.

La ricchezza dei suoni è sempre una nota predominante nelle dilatate linee creative dei Mogway. Essi sono artefici di melodie pure, incontaminate, che si realizzano risplendendo di luce propria.


Ogni brano è una storia animata da colori fantastici e da sfumature sfuggevoli ed intense. Tracciati sonori infinitesimali ricchi di cenni allusivi si insinuano concentricamente in spazi non identificabili.

Un persistente senso di oscurità e mistero attraversa ogni momento dell'opera.


Il suono maestoso dei Mogway è l'antitesi della musica da sottofondo. Hardcore Will Never Die, But You Will è un album coraggioso e istintivo, spiritualmente molto energico giocato su una profondità di suoni che pochi possono eguagliare.

Hardcore Will Never Die, But You Will è generato da un processo creativo particolarmente speciale.

E' il disco dell'anno.


mercoledì 26 ottobre 2011

The Catalogue: Simple Minds/ New Gold Dream


Simple Minds è una di quelle band che emozionalmente
rispecchia meglio i fermenti intellettuali che hanno
caratterizzato musicalmente l’Europa agli inizi degli
anni 80.

 

Nasce a Glasgow, città in cui la echo punk
proveniente da Londra trova terreno fertile alla
propria diffusione.

 

Sempre influenzato dall’enorme carisma di Jim Kerr,
l’ensamble scozzese, stilisticamente, trae spunto però
dagli insegnamenti dei Kraftwork, dei Roxy Music e del
migliore Bowie, più che dalle icone punk imperanti in
quei tempi.

 

Life in a Day, primo album pubblicato nel 1979,  propone
un avvolgente miscuglio di suoni ossessivi ed atmosfere
romantiche.

 

Eleganza estetica ed uno spiccato senso melodico sono
componenti  sempre presenti nella musica dei  Simple Minds.

 


Il primo periodo creativo del gruppo si chiude idealmente
con il passaggio alla Virgin, nel 1981; proprio in questi
anni vengono pubblicati Sons and Fascination e Sister
Feelings Call.

Il risultato, anche se impreziosito dalla produzione di
Steve Hillage, è comunque acerbo e lontano dai momenti
più felici del complesso britannico.

E’ con New Gold Dream, nel 1982, che l’attuazione finale
delle sperimentazioni di Kerr e compagni, tocca gli apici
di una maestosa liricità espressiva.

La musica dell’album è definibile come un   sofisticato
synthpop e  caratterizzata dalla fusione
di un sound ora  tenue ed onirico, ora cupo ed ancestrale.


Con quest'opera i Simple Minds danno vita ad ammirevoli
armonie barocche, a volte imputabili di  una pochezza  di
contenuti intellettuali, anche se  sempre  rilucenti di
una smagliante perfezione esteriore.

 

Benchè meno curato e piu` banale, Sparkle In The Rain, 1984,
finisce per essere anche piu` efficace, forse proprio perche'
rinuncia alle ricercatezze formali.

 

Prende vita una differente sezione ritmica che propone
l'incedere tempestoso di Up On The Catwalk e Speed Your
Love To Me ; ossia meno pensiero, ma piu` azione.

 

I brani pacati, Waterfront, e soprattutto East Of Easter,
hanno modo di mettere in mostra qualita` piu` drammatiche ed
intense , in cui Kerr sfiora l'enfasi di Bono. Le percussioni
rubano la scena al resto, deteriorando a lungo andare il
delicato equilibrio che era il segreto e la specificità
del quartetto scozzese.


Tutto quello che avviene dopo, da Street Fighting Years
all’ultimo Black and White, non rende, purtroppo, onore
alla storia di un gruppo che pure è riuscito, anche se in
modo discontinuo, a dare vita a tanti momenti degni di
essere trascritti in un ipotetico libro dei fatti che hanno
accompagnato la storia un’intera generazione.

 

Simple Minds smette di essere una vera band, mostrandosi,
invero, logora ed incapace di dare senso alla propria
esistenza artistica. Black and White, ultimo lavoro del
2005, è un prodotto privo di significato. 



Meglio tornare indietro nel tempo, sulle note di New Gold
Dream; certamente può ancora essere piacevole.






 


martedì 25 ottobre 2011

Thurston Moore/ Demolished Thoughts


Sono passati quasi venti anni da quando esordivano i
Sonic Youth, creatura degli eclettici e visionari
Thurston Moore e Kim Gordon.


La band proveniva, stilisticamente e culturalmente,
dall'underground newyorkese più estremo ed oscuro.


In questo suo nuovo album Moore affida la
produzione, così come gli arrangiamenti, a Beck.




Demolished Thoughts è un disco intimo ed acustico,
estremamente elegante, in cui spiccano armonie pacate,
create da un sezione di strumenti a corde di notevole
qualità stilistica. 




Moore, chitarra e voce, è accompagnato da Samara
Lubelski, violino; Mary Lattimore, arpa; Beck Hansen,
synth, voce e basso; Bram Inscore, basso e Joey Waronker
alle percussioni.


Moore ha evitato la tensione ed il rumore in questo
nuovo capitolo di una carriera ormai trentennale; il
suono è molto introspettivo e le liriche estremamente
suggestive.


Sullo sfondo una tessitura di chitarre che risuona in
modo cristallino donandoci un autore nel pieno della
forma espressiva e compostiva.


L'influenza di Beck è molto discreta anche se la sua
presenza è determinante nel risultato finale di Demolished
Toughts, caratterizzato da  toni esistenzialisti e
contemplativi.


Musica celestiale e spirituale, appassionata e a volte
aggressiva, come nella song Space.


Demolished Thoughts è un stupendo ed intenso disco di
rock acustico. 

Certamente tra gli album più belli dell'anno a finire.




lunedì 24 ottobre 2011

The Catalogue: Television/ Marquee Moon



All' inizio degli anni  settanta  New York City  è il luogo dove i fermenti intellettuali più evoluti si incontrano e si manifestano in modo più nitido. L’insegnamento dei Velvet Underground è fondamentale per comprendere , musicalmente,  l’evoluzione che, dal punk, si tradurrà nella maturazione stilistica della new wave.  Television, "punk nel punk", sono  tra gli iniziatori di tale movimento.

Essi sono i cantori del disagio moderno e della emarginazione urbana. Sono i figli naturali dei Velvet Underground, ma rendono attuale l’isegnamento di questi attraverso una originale e personalissima visione della composizione. Lineari architetture sonore, quasi liquide nella loro fattura, mai sperimentate prima in forma così geometricamente limpida, trovano attuazione attraverso le loro intuizioni stilistiche.

Danno alla luce due opere di immenso spessore poetico, che raggiungono l’apice della bellezza. Il loro innato e spiccato gusto per la perfezione strutturale compositiva è assolutamente percepibile, prima in Marquee Moon e poi in Adventure.

Due lavori complementari, che alimentano vicendevolmente la propia ragione di essere. Ambigui poeti decadenti, filosofi suburbani, hanno tradotto in musica gli aspetti emozionali del Punk, non sposandone, però, i  tanti eccessi esteriori, distaccandosi quasi da un aspetto fisico troppo forte per la loro istintiva essenza artistica, caratterizzata da atmosfere  delicate alimentate da un senso di attesa 
che scaturisce nella  perfezione estetica.

Il quartetto è formato da Tom Verlaine, leader indiscusso ed amante della poesia francese dell’ottocento, Richard Lloyd, Fred Smith e Billy Ficca; determinanti le frequentazioni dei  quattro con Brian Eno.

 

I Television rappresentano il lato spiccatamente intellettuale delle correnti musicali newyorkesi di quel tempo; lo fanno senza compromessi, esprimono una visione realistica e poetica, fantasticando ed accentuando le forme e la realtà.


Nel 1977 la band da vita a Marquee Moon, patrimonio artistico dell’umanità. Si tratta di un disco dalla bellezza così intensa da lasciare senza fiato. Marquee Moon è un'opera squisitamente simbolica, perfetta sotto ogni punto di vista. Tom Verlaine e compagni riescono a tradurre con razionalità ed in modo disilluso, le attese di un’ epoca, di una generazione. Ciò che dai sogni non si è tramutato in realtà.

I Television non propongono soluzioni, no, essi illustrano poeticamente soltanto i mali che affliggono i nostri tempi.   L’accettazione di ciò che è.

Fraseggi di chitarra dai ritmi essenziali si evolvono in un susseguirsi di visioni piramidali maestosamente  cesellate in spazi illimitati. La musica è ipnotica, isterica ma anche ammaliante. Marquee Moon è il disco con il quale molti sogni sono cominciati, è il manifesto di un modo di essere;
è l’icona espressiva legittima degli anni settanta.  

Adventure, secondo album dei quattro, vede la luce forse non nel momento desiderato dagli autori; ossia, sono tante e troppo forti le pressioni della casa discografica affinchè il disco venga pubblicato che le aspettative commerciali finali non sono quelle sperate dalla Elektra, una divione della WEA.
 
Ma il tempo rende onore e la rivalutazione di Adventure, se mai si possa parlare di sottovalutazione,è la più efficace delle gratificazioni; il lavoro è anch'esso una pietra miliare della storia della musica. Maturo, elegante, geniale. Ma è anche la fine dei Television.

Troppo forte ed intensa l'esperienza vissuta dal fragile Tom Verlaine. La sua delicatezza emotiva non sopporta il surrogato della notorietà. The Case is Closed...come loro stesssi cantano. Tutto ciò che viene dopo, sotto forma di progetti solisti, ancorchè pregevole, non regge il confronto con quanto detto dalla band newyorkese nel suo insieme.


Le opere soliste di Verlaine sono un collage di momenti più o meno meritevoli, che riescono, comunque,  solo a tratti, a dare vita a  qualcosa di indimenticabile.  

 

domenica 23 ottobre 2011

Keith Lowe Interview





Keith Lowe è uno dei bassisti più geniali nell'ambito della
musica contemporanea. In oltre trenta anni di esperienza
professionale ha avuto modo di venire a contatto con diversi
nomi di assoluto spessore creativo.
 


Come egli stesso dice "non ha ancora suonato della musica che non
lo entusiasmasse, magari solo perchè fortunato"; noi crediamo che
sia la sua poliedricità a farlo apprezzare da molti grandi artisti.
Suona indifferentemente e con la stessa naturalezza in una blues
band così come in un progetto ambient o elettronico, o jazz etc...
 

Ho avuto il piacere di assistere all'ultimo concerto parigino di
David Sylvian alla Cigale*;  Keith Lowe al basso rendeva magica 

ogni nota, come magica è stata tutta l'atmosfera vissuta quella notte.
Quella che segue è una conversazione con Keith; la sua genuinità
e spontaneità scaturisce da ogni sua affermazione.  


Chi è Keith Lowe

Sono bassista e contrabbassista e vengo da Seattle, Washington,     
Nord-Ovest degli States. Essenzialmente sono un musicista freelance,    
ed ho avuto la possibilità di registrare e partecipare a tour con     
alcuni dei musicisti più talentuosi del momento, inclusi David     
Sylvian, Bill Frisell, Fiona Apple, Wayne Horvitz.



Quali sono i tuoi musicisti favoriti.

Ho molte influenze e tanti musicisti che preferisco...Brian Eno, David  
Sylvian, Bill Frisell, Wayne Horvitz, Miles Davis, and Harold Budd.
 

Musicalmente stiamo vivendo un periodo di transizione; credi che    
internet e le nuove tecnologie hanno influenzato la musica del
nostro tempo e cosa pensi della musica contemporanea.


Attraverso internet credo ci siano tante nuove opportunità per     
produrre e distribuire musica. Il ruolo delle majors e dei grandi     
studi sono stati compromessi e penso sia un fatto positivo. Più
gente può fare musica senza essere influenzata dalle grandi compagnie
che vogliono fare musica commerciale soltanto per il fine economico.
Per quanto riguarda la musica contemporanea, non ascolto molta radio,
così non so esattamente cosa ci sia di nuovo in quest'ambito, ma ho     
ascoltato alcune cose nuove veramente buone. Da quando è così facile    
fare musica è così difficoltoso trovare buona qualità, richiede tanto   
sforzo!


Cosa suggeriresti ad un giovane musicista.

Ascoltare e suonare quanta più musica possibile con quanta più gente    
possibile.


Tu sei un ricercato session man, la tua esperienza è molto ampia,     
così ti chiedo se hai un progetto, ovvero mi chiedo se è possibile     
ascoltare presto un tuo lavoro solista.


Adesso sto lavorando ad un progetto ambient, con altre due persone.     
Non dirò nomi ancora, ma se tutto va bene qualcosa uscirà presto.
Sono    pure nella pianificazione di un'altra registrazione che
avrà alcuni ospiti e collaboratori veramente speciali e dovrebbe
essere un po più basato su canzoni del progetto prima menzionato.
Comunque tutte le news saranno disponibili nel mio website
www.keithlowe.net




* The World Is Everything Tour- 2007

The Catalogue: Telefon Tel Aviv / Immolate Yourself



Esprimere le proprie emozioni è un atto intimo che, spesso, le nostre parole non sono in grado di concettualizzare. Siamo proprio noi, probabilmente, a non volere condividere immagini e visioni che appartengono naturalmente a qualcosa che è stato; momenti legati spiritualmente e fisicamente al  nostro essere in divenire. 

Soltanto attraverso l'arte possono essere rappresentate le infinite suggestioni insite nei luoghi più profondi della nostra anima.

 
L'arte in genere, e la musica in particolare, è caratterizzatada continuee e poliedriche evoluzioni intellettuali.
 
La musica attuale è pervasa da molteplici fermenti espressivi. Nuove tendenze attingono da un passato non tanto remoto, determinando episodi estremamente ricchi di stimoli culturali che si ergono a fonte inesauribile di ispirazione creativa.

Telefon Tel Aviv è stato  tutto questo e molto di più;   il fato avverso ha  però decretato prematuramente la fine di una storia nel pieno della sua maturità propositiva. Il 22 gennaio 2009, infatti, due giorni dopo della pubblicazione del terzo dei loro dischi, Immolate Yourself, veniva a  mancare, per circostanze non del tutto chiare, Charles Cooper, che, con Joshua Eustis, costituiva Telefon Tel Aviv.

 


Il duo di New Orleans, formatosi nel 1999, ha dato vita, durante la propria attività, ad una delle più eccitanti ed originali esperienze di wave elettronica, una sorta di ambient techno molto elegante, esteticamente considerevole nel suo risultato finale.
 
Charles Cooper e Joshua Eustis sono anche noti per aver remixato brani di Apparat, Bebel Gilberto e  Nine Inch Nails.

sabato 22 ottobre 2011

Anekdoten Interview



Sono stati definiti i nuovi King Crimson ed il
paragone non è certamente azzardato. Anekdoten
è un quartetto svedese formato da Jan Erik
Liljestrom, basso e voce; Nicklas Berg, voce e
chitarra, mellotron e vibrafono; Peter Nordins,
batteria, cimbali, vibrafono, Anna Sofi Dahlberg,
mellotron, voce, pianoforte ed organo; collabora,
al flauto, Gunnar Bergsten.



La musica creata dalla band è intrisa di variopinte
immagini evocative tipiche di cristallini paesaggi
nordici dove il concetto si spazio si dilata
all'inverosimile.

 

Abbiamo intervistato la band, e quello che segue è
il risultato della nostra conversazione. 





Dite qualcosa degli Anekdoten


Siamo quattro persone che hanno cominciato a suonare
insieme nel 1991.
La maggior parte di noi prima aveva suonato heavy
metal e rock duro, ma in questa nuova veste volevamo
provare ad esplorare più il mondo progressive.
Inizialmente abbiamo interpretato alcune covers dei
King Crimson e subito dopo abbiamo cominciato a scrivere
materiale originale sempre vicino allo stesso ambito.
Attraverso gli anni abbiamo fatto nostre sempre più
influenze musicali.
Siamo estremamente indipendenti e produciamo,
realizziamo e distribuiamo autonomamente il nostro lavoro.
E' bellissimo fare ciò che desideriamo senza venire a
compromessi con altri.


Siete stati definiti i nuovi King Crimson; quali sono
le influenze che vi hanno maggiormente influenzato;

nella vostra musica emerge in modo nitido un 
background progressive

Grazie!!! Quello dei King Crimson è un importante
riferimento.
Ciascuno di noi ascolta cose differenti, per quanto
riguarda me- Peter- ascolto una grande quantità di
artisti: Magma, VDGG, Genesis, Fläsket Brinner,
Bo Hansson, Björk, PJ Harvey, Tori Amos, Zero 7,
Popol Vuh, Museo Rosenbach, PFM, Osanna, Banco,
Black Sabbath, Comus, Emma  Nordenstam...
Quando iniziai ad ascoltare- dice Jan Erik- musica,
amavo i Beach Boys e The Beatles.
Nei primi anni 80 ascoltavo esclusivamente heavy rock/
heavy metal.
Nel 1982 fui colpito tantissimo dai Jethro Tull e poco
dopo continuai ad ascoltare tutti i grandi del prog
anni 70.
Da quel momento ho continuato ad esplorare vari generi
differenti tra loro. Ma tutt'ora heavy metal e progressive
sono sempre una parte immortale nel mio mp3.
E' interessante riuscire ad unire influenze di vario
tipo nella musica degli Ankedoten.
Anche se alcuni "puristi" potrebbero opporsi a tale
comportamento, credo che sia essenziale per dare un
interesse alla musica e farla vivere.


Cosa pensate della musica di oggi.




Mi dispiace dire che io non ascolto- Jan- molta nuova
musica al momento.
Mi può capitare di ascoltare gruppi molto belli, navigando
nella rete o tramite i consigli dei miei amici.
Mi piace molto In Rainbow dei Radiohead e Tio Bitar
dei Dungen. Midlake è stata una grande scoperta.
  

Thanks to Natasha Marchetti

venerdì 21 ottobre 2011

Albums Autunnali


Dead Can Dance/ Dead Can Dance






Devics/ The Stars at Saint Andrea






Felt/ Crumbling the Antiseptic Beauty










Gavin Friday/ Each Man Kills The Thing He Loves






Josef K/ Only Fan In Town






Minimal Compact/ Deadly Weapons






Minox/ Lazare










Telefon Tel Aviv/ Immolate Yourself






The Cure/ Faith






The Notwist/ Neon Golden




giovedì 20 ottobre 2011

The Catalogue: Cocteau Twins/ Lullabies To Violaine


I Cocteau Twins sono artefici di un elettro pop
etereo e crepuscolare tipico di una certa dark
wave romantica degli anni 80.
 

"Lullabie To Violaine" è un 4 Cd box set antologico
che contiene brani composti tra il 1982 ed il 1996.
 

Tendenzialmente il suono del trio scozzese propone
una notevole gamma di colori e ritimi provenienti
da varie esperienze musicali, comunque europee.
 

Li ricordiamo con Harold Budd in uno dei gioielli
della musica colta contemporanea, The Moon and the Melodies.
 


L'ensamble ha esordito nel 1982 con "Garlands", album
cupo e malinconico di estrema bellezza.
 

Sulle suggestive armonie create da Robin Guthrie,
chitarra e tastiere e Will Heggie al basso, sostituito
in seguito da Simon Raymonde, si erge l'ammaliante e
vellutata voce di Elizabeth Frazer.
 

Elizabeth Frazer e Robin Gutrie non sono soltanto
l'anima dei Cocteau Twins, ma hanno dato, insieme
ad altri artisti della 4AD, un fondamentale impulso
ad uno dei progetti più importanti della musica colta
degli ultimi decenni, ossia This Mortal Coil.
 


La versione di Song to the Siren, di Tim Buckley,
contenuta in It'll End in Tears, eseguita dal
duo Frazer- Guthrie, genera sfuggenti visioni,

possibili esclusivamente in dimensioni paradisiache
che appartengono ai momenti  più intimi dei nostri cuori.

"Lullabie To Violaine" racchiude singoli altrimenti
poco reperibili, extended plays e versioni acustiche
di brani più o meno noti.
 

Il Box è stato pubblicato in edizione limitata ed è
questo l'unico peccato di un'opera assolutamente
soddisfacente.

Ma la gioia che il suo ascolto genera è un motivo sufficiente
per tentare di entrarne in possesso.
 

Discografia essenziale

Garlands 1982
Head Over Heels 1983
Treasure 1984
Victorialand 1986
Blue Bell Knoll 1988
The Box Set- Singles Collection- 1991
From Lullabie To Violaine- singles and b-side- 2005




Related Artists

Harold Budd, Dif Juz, This Mortal Coil

mercoledì 19 ottobre 2011

The Catalogue: Durutti Column/ LC



Dovessimo un giorno essere costretti a vivere in un mondo
senza sfumature, odori e senza fiori, privato di sensibiltà e
delicatezza, sottomesso al controllo completo della macchina
sulla nostra spiritualità, il nome di Vini Reilly, in arte
Durutti Column, è una delle cose che resterebbero sul fondo
di un'urna segreta e sonora.
 


LC, pubblicato dalla Factory nel 1981, vede importanti
cambiamenti nella gestione del suono che Reilly desidera
esprimere; non è più presente, infatti, la figura
predominante del produttore Martin Hannett.
Fondamentale il contributo del percussionista Bruce Mitchell.

 


LC è una esperienza melodica distaccata da ogni cosa, note
rese mobili, tiepide e semplici, da minimali intrecci
chitarristici, con le appena accennate e magiche percussioni
di Mitchell a fare da sfondo.

 


Vini Reilly è una figura fuori dagli schemi musicali dei
primi anni ottanta.

 


LC è un quadro dai contorni e dai colori estremamente tenui;
tinte pastello che ci trasportanto emotivamente in un solare
paesaggio pomeridiano autunnale.

 


Una velata malinconia pervade ogni singolo momento dell'album.

 


The Missing Boy è una song dai toni struggentemente contemplativi
e fugaci.

 

LC è l'ideale colonna sonora di visioni e sogni, appartenenti
al nostro mondo interiore, vissuti ora intensamente, ora in
modo effimero e fragile.



Pietra miliare della musica colta contemporanea.

martedì 18 ottobre 2011

Tibet: ondata di immolazioni, ben 5 in un mese

Protesta contro la vergognosa occupazione cinese, per il ritorno del Dalai Lama

Nove tibetani, cinque solo dall'inizio di ottobre, tra cui, da
ultimo, anche una monaca, si sono dati fuoco per protestare
contro l'occupazione cinese del Tibet, chiedendone l'indipendenza
e il ritorno del Dalai Lama. In risposta il governo cinese ha
inviato oltre 20.000 agenti nella zona per 'rieducazione',
distribuendo bandiere e immagini dei leader cinesi.
Intanto la tensione nella regione autonoma tibetana cinese e nella
provincia cinese del Sichuan, teatro delle immolazioni, sale.



Ansa

Arirang- Regia: Kim Ki-Duk

Interpreti: Kim Ki-Duk; Durata: h 1.45; Nazionalità: Corea del Sud 2011;
Genere: Documentario


Non è facile esprimere un giudizio riguardo l'ultima fatica,
è il caso di dirlo, del Coreano Kim Ki-duk.
Travestito da docufilm, "Arirang", si presenta come vero e
proprio foglietto illustrativo, appendice esplicativa di un
passato inquieto e turbolento. "Istruzioni per l'uso", insomma,
dove "Cinema" sta per cura da qualsiasi male.
 

Durante le riprese del precedente, e poco ispirato, "Dream",
2008, un grave incidente mise a repentaglio la vita di una
attrice producendo duri effetti collaterali sulla psiche
del regista stesso, tanto da costringerlo ad allontanarsi
dal suo mondo di cellulosa, abbracciando una vita di
solitudine e penitenza.
Adesso è solo con se stesso, in se stesso.
Kim Ki-duk si concede alla telecamera digitale, unica sua
amica insieme alle cianfrusaglie presenti nella baracca,
nella quale vive ormai da anni, in maniera del tutto naturale.

Il Regista è nudo davanti al Regista stesso, divenendo allo
contempo mente e corpo della pellicola.
Si confida, piange, ride di se, dividendosi in una triplice
identità (Es, Io e Superio), trasportata dal tipico canto Coreano,
l'Arirang appunto, filo conduttore della pellicola. La voce
è straziata, logorata, addolorata, pacata. Un lungo percorso
d'espiazione per chiarire se stesso al se, come ad uno specchio.

La strada condurrà all'inevitabile disintegrazione del passato.
Il totale abbattimento delle fondamenta di una costruzione
ormai in rovina. Lo sfacelo di un corpo. Tabula rasa sul
vecchio, terreno fertile per il futuro. La rinascita.

Il Regista mette in luce un'attenta e chiarissima chiave
di lettura del proprio Cinema. Il confronto con se stesso
evidenzia quanto i 14 protagonisti dei suoi lungometraggi
gli appartengano: la tripartizione del proprio essere- 
Vasumitra, Samaria e Sonata, i tre capitoli de "La Samaritana"-,
la meticolosità nel riparare apparecchiature- "Ferro3,
La Casa Vuota"-, la volontà di poter essere allo stesso
tempo buono o cattivo, proprio come un animale selvaggio
- "Crocodile", "Wild Animals", "Bad Guy", "Address Unknown"-
riscoprendo quanto possa apparir semplice la prima e complessa
la seconda ("Real Fiction") -, la continua ricerca di un luogo
di benessere, redenzione o pace interiore- "Primavera, Estate,
Autunno, Inverno... e ancora Primavera", "Birdcage-Inn",
"The Coast Guard", "L'Arco", "Time", "Soffio"- spesso,
infatti, si chiede se continuerà a vivere in quella catapecchia,
in quella precarietà. L'incondizionata voglia di ricerca si
evince proprio nel momento in cui Kim Ki-duk, il Regista,
piange guardando il proprio doppio cinematografico superare
la fatica per ritrovare la tranquillità spirituale.
E' evidente come egli stesso, allontanatosi dalla dimensione
cinematografica, trovi l'unica via di fuga nel Cinema stesso.
E', dunque, vitale morire appesi all'amo del proprio Cinema- 
"Seom - L'isola".
Una vita per esso, "in assenza di questo, filmo me stesso".



Voto: 6

Vik

lunedì 17 ottobre 2011

A Dangerous Method- Regia: David Cronenberg

Interpreti: Michael Fassbender, Keira Knightley, Viggo Mortensen,
Vincent Cassel, Sara Gadon, Katharina Palm, André Dietz, Andrea
Magro, Bjorn Geske, Christian Serritiello.
Durata: h 1.33 Nazionalità: Gran Bretagna, Canada, Germania 2011
Genere: drammatico


Cronenberg ci ha abituati ad un Cinema nervosamente psicologico,
cerebrale, convulso, decisamente viscerale e strettamente
legato ad una certa "ossessione per la carne", e lo ha sempre
fatto in maniera magistrale, senza dare adito ad avarizia alcuna;
questo suo ultimo lavoro, invece, spiazza proprio per la sua
inaspettata linearità. "A Dangerous Method" è un film storico e
prettamente teorico, tanto da esternare una vena di estrema algidità
clinica, che ripercorre un tema molto caro al Regista,
visti i suoi precedenti, la psicoanalisi.
 

Seguiremo, quindi, la messa in atto del metodo Freudiano, da parte
dello svizzero Carl Gustav Jung, e le vicissitudini della futura
psicoanalista russa, Sabina Spielrein (Keira Knightley), entrata
inevitabilmente in contatto con i due fronti di pensiero, contrari
ed affini, che, nei primi del '900, apriranno un'immensa porta al
mondo della Scienza.
 

Gli endoscopici ed eccelsi dialoghi, sulla quale è imperniata la
pellicola, e la staticità delle riprese, allontanano il prodotto
da un pubblico eterogeneo, circoscrivendolo ad uno spettatore più
attento ed interessato al tema.
 

Un notevole dubbio scaturisce dalle interpretazioni, in particolare,
nella duplicità della Spielrein. Certamente egregia è l'esecuzione
della Knightley prima che il turbolento Jung (Michael Fassbender)
applichi su di lei il metodo Freudiano, dimostrando d'essere
un'attrice ben più dotata di quanto c'abbia mostrato la Disney
con i suoi stanchi galeoni Caraibici; appare, invece, sottotono
e monocorde una volta emersa a nuova vita. Poco convincenti
Fassbender e Mortensen- il quale sfoggia un Freud quantomai anonimo-.
In definitiva, il poco sentito "A Dangerous Method", intaccato
ulteriormente da un fare ingiustamente frettoloso, convince a tratti e,
pur mostrandosi particolarmente attento agli avvenimenti storici,
si piazza come uno dei punti più anonimi della cinematografia
"Cronenberghiana".
 

Poco Cronenberg troppo Faenza ("Prendimi l'Anima").

Voto: 5½

Vik

Tuxedomoon Never Ending Story


Formatasi nel 1977 in S. Francisco, Tuxedomoon è stata la band, con i Residents, ad aver dato inizio alla scena new wave californiana.
 
Con gli anni sono stati più di dodici i membri che hanno contribuito a realizzare i progetti artistici dell'ensamble.
  
Le liriche evidenziano l'interesse per i dilemmi socio-politico-comunicativi che tanto affliggono l'individuo moderno; la loro è musica che trae spunto dalla cupa e vuota modernità metropolitana;  "La scena è sempre la stessa", cantano in Holy Wars.
 
Steven Brown, Peter Principle, Blaine L. Reininger, Luc Van Lieshout, Bruce Geduldig ed il geniale Winston Tong, hanno dato vita ad una esperienza poliedrica ed imprevedibile, che sfocia nel teatro, nella danza e nell'arte astratta, nella pittura etc.
  
L'architettura sonora che caratterizza le varie intuizioni compositive è estremamente complessa; in essa vi si trovano i ritmi scarni del minimalismo, i riferimenti, più o meno espliciti, alla musica classica ed al jazz, l'assoluto interesse per l'avanguardia e quello per il pop colto,l'equilibrio armonico e le dissonanze strumentali.

 



La trasposizione di mai abbandonate velleità teatrali- Divine-è un elemento caratterizzante di proprie idee espressive.
 
Determinante, specialmente ai fini dell’aspetto scenico, è il gusto per il dramma ed il funereo- The Ghost Sonata-.
  
Tutto ciò rende il suono del "complesso" una miniera pressochè inesauribile di suggestioni e di spunti geniali, atti a stimolare cuore e corpo. 

Le recenti pubblicazioni, "Bardo Hotel Soudtrack", 77o7- box commemorativo per i trenta anni di attività- confermano assolutamente come i Tuxedomoon siano, oggi più che mai, una delle punte di diamante dell'arte contemporanea, e che il loro discorso oltrepassa i limiti ristretti delle categorie per involarsi, libero, in un sogno policromo in cui ogni luogo definito ed identificabile non è altro che la sfaccettatura di una realtà fuori dal tempo e dallo spazio; la loro è la musica del mondo reale e fantastico allo stesso tempo.

 

 

Sottili e scarni disegni geometrici confluiscono in un fantasmagorico collage emozionale impressionista.
 
Ogni show è un affresco di suoni, immagini ed azioni trasposte con tenui e minuziose rifiniture; essenze di armonie semplici e minimali, tramutate in indimenticabili performances multimediali molto sofisticate, che permettono di assimilare ed interiorizzare varie forme di arte.
  
L'indipendenza dalle majors, ha dato ai Tuxedomoon la possibilità di manifestare il loro immenso talento.
  
Questa particolarità ha reso il loro stile non catalogabile nell'uniformità del music business.
 
 
Definitivamente musica, la loro, che abbatte ogni criterio fisico-temporale e che vivrà fino alla fine del mondo.

 


Ten Songs To...





Belle & Sebastian / Like Dylan in the Movies


 

Bob Dylan / Sara


 




Dead Can Dance / Ocean


 



Morrissey / Everyday is Like Sunday


 



The Cure / Charlotte Sometimes


 

The Blue Nile / Tinseltown in the Rain


 

The Stranglers / Midnight Summer Dream


 

This Mortal Coil / Song to the Siren


 

Tuxedomoon / The Cage


 



Wim Mertens / Maximizing the Audiencce

The Catalogue - Madee / Songs From Cydonia

Tutto ha avuto inizio a Cabrils, Barcelona,nella fertile
terra di Catalunya, dove, gli amici di sempre, Ramon
Rodriguez, Pep Masiques e Lluis Cots danno vita a Madee.
Nel corso degli anni le strade dei tre si incrociano con quelle
di Capi, prima, di Adam Vives dopo, e, infine, di Marc Prat.

I riferimenti culturali della band sono riconducibili alle
migliori tradizioni della musica indipendente attuale; Dream
Syndicate ed Opposition i primi nomi che ci vengono in mente.

Il suono non è mai, comunque,una riproduzione scontata di
esperienze stilistiche più o meno note; ogni momento vive
di luce propria; una magica fusione, la loro, di espressioni
artistiche europee e nordamericane, con in primo piano la
possente ed evocativa voce di Ramon Rodriguez.

Pure gli eterni Sound dell'indimenticato Adrina Borland ed
i romantici Cure di robert Smith rivivono audacemente in
tanti istanti di tale immensa gamma di variopinti intrecci
sonori.

Ascoltare siffatta musica ci porta a viaggiare nella notte,
ci permette di raggiungere posti lontani tanto alenati nei
nostri sogni, magari riproponibili solo in una, più o meno,
intima trasposizione immaginativa.

L'esordio discografico è datato 2002, Songs From Cydonia.

Ritmi ipnotici e colori malinconici, sempre intensamente
rievocativi, rendono possibili immagigini dal sottofondo
ora poderoso ora rarefatto.

"No Remorse" è una song da inserire, senza esitazione, in
una ipotetica top list dei brani più belli di sempre.

"Non c'è più tempo per un'altra interpretazione/ non più bugie/
non cambiare la tua direzione/ non perdere la tua convinzione/
adesso tu vivi/ e questa è la chance/ sii te stesso/ sii
qualcuno/ non piangerai...non c'è più tempo per sentirti annoiato/
non c'è altra via per mostrare le tue bugie/ niente rimorso/
puoi ignorare la tua vita per sentire di più/ puoi farlo da solo/
your sugar addiction is not my invention/ non più bugie/ niente
è perfetto/ così non farmi domande/ adesso stai vivendo e
questa è la tua chance per essere te stesso"
 

La ricchezza dei colori riscontrabili in "Songs from Cydonia" ci
dona visioni psichedeliche fluttuanti in un tempo indefinito.

Spazio e tempo perdono il proprio valore.



"your sugar addiction is not my invention"- in italiano,
"la tua tossicodipendenza non è una mia invenzione"




Album essenziali

Song From Cydonia 2002
Secret Chambers   2003
Orion's Belt      2004
L'Antarctica      2007

domenica 16 ottobre 2011

The Catalogue - Nine Horses / Snow Borne Sorrow



Nine Horse è un progetto di David Sylvian, Steve Jansen e Burnt Friedman. Alla sua realizzazione hanno partecipato diverse figure della musica colta contemporanea; tra queste Arve Henriksen, Stina Nordenstam e Ryuichi Sakamoto al piano.
 
Nove songs, un'ora di musica meravigliosa e immense  visioni soprannaturali.
 
Snow Borne Sorrow è un disco molto accessibile, Sylvian e Jansen esibiscono una smagliante verve compositiva.Così come nel precedente Blemish, vengono esplorate nuove direzioni musicali  caratterizzate da elementi minimali ed evolute improvvisazioni epsressive.
 
Quello che scaturisce da tali alchimie creative è una variopinta gamma di colori.  Le liriche sono pervase da un senso di distacco tipico dell'ultimo Sylvian, quasi una lotta tra dubbi e tentavivi di soluzioni e la constatazione della diffusa difficoltà insita nelle relazioni intime ed interpersonali.
 
E poi la musica, beh la musica di Snow Borne Sorrow è divina, scorre soavemente creando immagini fluttuanti, autunnali e romantiche. Si è completamente immersi in atmosfere crepuscolari, infarcite da suoni ammalianti, generate da un efficace miscuglio di spunti sperimentali e ritmi di varia natura, dal jazz all'elettronica.
 
Serotinin è una dance song conturbante ed essenziale. The Banality Of Evil ed Atom And Cell ripropongono schemi interpretativi classici dell'artista britannico che ci fanno rivivere la struggente malinconia di Briliant Trees e Secrets Of The Beehive.
 
Su tutto, la magica, onirica, affascinante ed evocativa voce di Sylvian che dona un ulteriore tocco di eleganza ad un progetto già di per se esteticamente perfetto. 

Assolutamente imperdibile.

venerdì 14 ottobre 2011

The Catalogue- Marquis De Sade


Marquis De Sade è un gruppo francese formatosi a Rennes nel 1977.
La line-up definitiva è composta da Philippe Pascal, voce;  Frank
Darcel, chitarra; Eric Morgen, percussioni; Thierry Alexandre al
basso. Notevole la collaborazione di Philippe Herpin e Daniel
Paboeuf, entrambi al sax.




Dantizig Twist e Rue De Siam gli album realizzati da Philippe
Pascal e compagni.




La musica espressa dalla band è una continua evoluzione di ritmi,
incalzanti trame compositive danno vita ad una tensione melodica
di rara intensità.


Dantzig Twist, disco di esordio, lascia il segno non solo in Francia,
ma anche tra chi non focalizzava i propri ascolti verso la musica
proveniente essenzialmente dal Regno Unito.




Di Fatto l'impatto con Dantzig Twuist è travolgente; armonicamente
l'ensamble da vita ad una sorta di fusione artistica raffinata,
staccata dall’urgenza delle passioni materiali, fatta di preziosismi
e di ricercata cultura, sempre attenta alla forma ed al risultato estetico,
capace di trasportarci in un mondo lontano, ove regna la serenità e la
contemplazione; che ha infine come canone supremo l'ideale
bellezza.






Rue De Siam viene pubblicato nel 1981 ed il missaggio è opera
di Steve Nye; è l'album della maturità, il testamento artistico.
Rispetto a Dantzig Twist è più riflessivo ed introsprettivo.




Tutta la musica dei Marquis De Sade potrebbe essere definita
una idea estremamente originale che mescola influenze dei Velvet
Underground e del periodo berlinese di David Bowie.




Originalissima la coesistenza di due sax, esperienza molto rara
nella new wave di quel tempo.


Come tutte le cose realmente belle,  che nascono per dissolversi molto presto,
i Marquis De Sade cessano la loro attività come gruppo  nel 1981, dopo il
concepimento di Rue De Siam.


giovedì 13 ottobre 2011

Hammock/ Asleep in the Downlights

Sarà disponibile al pubblico il prossimo 25 Ottobre il nuovo
lavoro degli statunitensi Hammock.

L'opera sarà stampata come singolo CD e vinile 12"; entrambi
i supporti verranno realizzati in edizione rigorosamente limitata 

e numerata. 
 

Due dei quattro brani di Asleep in the Downlights hanno visto la 
partecipazione di Steve Kilbey e timEbandit Powles, dei  Church.
 


Hammock è un duo di Nashiville composto da Marc Byrd e Andrew Thompson;
i due artisti nordamericani propongono un ambient post-rock di notevole
qualità stilistica.


Chasing After Shadows...Living with the Ghosts- annieroses 14/9/2011-
è un disco folgorante; pop d'avanguardia etereo, cristallino, onirico.


Asleep in the Downlights è un ennessimo momento di una magica e
attualissima esperienza musicale.




Discografia
Kenotic- 2005
Stranded Under Endless Sky EP- 2005
The Sleepover Series, Vol. 1- 2006
Raising Your Voice...Trying to Stop an Echo- 2006
Maybe They Will Sing for Us Tomorrow- 2008
Chasing After Shadows...Living with the Ghosts- 2010
Outtakes : Chasing After Shadows...Living with the Ghosts- 2010
North West East South EP- 2010 
Longest Year EP-  2010