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sabato 19 novembre 2011

The Cure "Reflections Tour" Live @ London - Royal Albert Hall, 15/11/2011



Live Reports by Vik Korova 


Correva l'anno 1981, plumbea epoca londinese che consacrò i Cure come gli oscuri narratori di un immaginario trascendentale.

Oggi, nel 2011, a trent'anni di distanza, Smith & Co, tornano di gran carriera nella stessa Londra che li svezzò e diede loro voce riportando in auge un tempo lontano.

La magnifica Royal Albert Hall diviene, in breve, teatro di un presente che prende il nome di "Faith, quell'era di mezzo il cui passato fu rappresentato da "Three Imaginary Boys" e "Seventeen Seconds" ed il cui futuro si sarebbe concretizzato nel celebre "Pornography". Con una formazione dinamica e del tutto rinnovata, la band apre le danze di questa terza data del "Reflections Tour" con un lucido power trio, spiazzante e corroborante- Smith, Gallup, Cooper-, rimettendo in scena il primo album della loro carriera, datato 1978, "Three Imaginary Boys".

L'adolescenzialità dei brani viene abilmente mitigata dall'esperienza dei tre che spiccano particolarmente in "Another Day", "Subway Song" e "Fire in Cairo". La proverbiale apparizione sul palco di Roger O'Donnell, storico tastierista del gruppo licenziato nel 2005, segna il passaggio all'epoca successiva, quella di "Seventeen Seconds". Le flebili tastiere addolciscono il mesmerico nichilismo del set, che trova certamente il massimo splendore in "A Forest" e nella bistrattata "Seventeen Seconds", brano suonato solo ed esclusivamente durante il tour dell'80 e mai più riproposto.

Con il sopraggiungere di Laurence "Lol" Tolhurts, uno dei padri fondatore dell'originario trio immaginario, la band è finalmente al completo e si mostra in tutto il suo splendore proponendo il tanto atteso "Faith".
La perfetta atmosfera e l'impeccabile immedesimazione dei musicisti veicola l'imponenza di brani come "The Funeral Party" e "The Drowning Man" che rappresentano il culmine artistico della serata, riverberando su di una platea pervasa da un rigoroso silenzio estatico. Finiti i tre blocchi principali, il quintetto, capeggiato da un Robert Smith particolarmente logorroico, si precipiterà alla riscoperta di vecchie perle dimenticate, "Charlotte Sometimes",  finalmente ridegnata delle proprie tastiere, e "Another Journey By Train" su tutte, per finire con brani più luminosi e goliardici come "The Walk" e "The Lovecats".

Concedendosi al pubblico con un immenso set di ben 45 brani, per un runtime totale abbondantemente oltre le tre ore, l'irripetibile spettacolo appare immediatamente di spessore e qualità decisamente superiori alla quasi totalità delle ultime apparizioni della band dal 2000 ad oggi. Coadiuvato da un'acustica eccezionale, cosa rara nei concerti dei Cure, si proietta direttamente alla vetta della loro carriera concertistica, spodestando gli storici episodi di Roma 2002 e Taormina 2005.

Ecco la scaletta:

- Three Imaginary Boys set:
  10:15 Saturday Night, Accuracy, Grinding Halt, Another Day, Object, Subway
  Song, Foxy Lady, Meathook, So What, Fire In Cairo, It's not You,
  Three Imaginary Boys, The Weedy Burton
- Seventeen Seconds set:
  A Reflection, Play for Today, Secrets, In Your House, Three, The Final Sound,
  A Forest, M, At Night, Seventeen Seconds.
- Faith set:
  The Holy Hour, Primary, Other Voices, All Cats are Grey, The Funeral Party,
  Doubt, The Drowning Man, Faith.

- Encore 1:
  World War, I'm Cold, Plastic Passion, Boys Don't Cry, Killing an Arab,
  Jumping Someone Else's Train, Another Journey by Train.
- Encore 2:
  Descent, Splintered in her Head, Charlotte Sometimes, The Hanging Garden.
- Encore 3:
  Let's Go to Bed, The Walk, The Lovecats.

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